Il lavoro del futuro è qui. Negli ultimi mesi, a causa della pandemia, sono state del tutto stravolte le modalità di svolgere il proprio impiego come era stato pensato. E’ così che sono cambiate le skills richieste ai professionisti. Ma anche le esigenze di un mercato sempre più in evoluzione.
Lo smart working è un sistema che veniva utilizzato solo in ambiti molto limitati. Poche erano le aziende che ne facevano un reale impiego. Eppure adesso sembra essere qualcosa a cui nessuno può fare a meno.
Se fino a qualche mese fa si pensava che un dipendente potesse svolgere le proprie mansioni solo presentandosi ogni giorno in ufficio, ora le cose sono cambiate. La dislocazione delle risorse umane in homeworking è una realtà con cui si deve fare i conti quotidianamente. Non è forse questo uno dei motivi per cui si parla di lavoro del futuro già presente qui in Italia?
La domanda a cui tutti vorrebbero dare una risposta è proprio questa. Il lavoro da remoto funziona davvero? E il responso pare affermare di sì. Negli ultimi mesi, infatti, a causa di questi stravolgimenti del modo di vivere, le aziende non hanno voluto (e non hanno potuto) fermarsi.
E’ così che sono state costrette ad adattarsi alle nuove esigenze del mercato. E, incredibile a dirsi, ce l’hanno fatta. Sono riuscite a mandare avanti la produzione e a crescere. Non sarà stato semplice all’inizio ma, nonostante i primi momenti in cui è stata indispensabile una riorganizzazione delle risorse, i risultati si sono visti.
Il punto della situazione non è ora quello di capire se sia meglio l’homeworking o recarsi in ufficio tutte le mattine. Il focus sta tutto nell’essersi dati la possibilità di lavorare da remoto. Qualunque sia il posto di lavoro da cui una risorsa decida di operare. E quali sono gli strumenti che consentono di organizzare questo nuovo concept produttivo?
Gli ultimi periodi hanno permesso di dimostrare che non è più necessario che il manager debba controllare costantemente i propri dipendenti per verificare che effettivamente facciano i compiti a loro assegnati. Anzi. E’ cambiato proprio il modo di valutare le capacità di una risorsa che, adesso, viene fatto in base ai risultati ottenuti.
Organizzare i compiti da remoto è una realtà entrata a far parte del quotidiano di ogni professionista. E, per fortuna, gli sviluppi della tecnologia sono in grado di dare un grosso aiuto in questo. Dalle connessioni internet ultraveloci alle possibilità di fare riunioni in video chat.
Stare al passo con le esigenze del mercato è un prerequisito necessario per avere un’attività di successo. Ma essere in grado di seguire corsi di aggiornamento costante utili a conciliare le competenze tecniche ed informatiche del proprio team diventa indispensabile per sopravvivere e per distinguersi dai competitor.
Ogni settore opera in modo diverso rispetto agli altri. E’ caratterizzato da esigenze differenti e da modelli funzionali creati ad hoc su di esso. Proprio per questo il ragionamento dello smart working deve essere profilato per ogni realtà professionale.
Se è vero che esistono delle posizioni che richiedono necessariamente una presenza fisica come, ad esempio, il parrucchiere, il barista o l’assistente alla poltrona, ne esistono moltissime altre che possono essere svolte “anywhere”. Basti pensare al programmatore informatico , alla segretaria o all’impiegato contabile.
Pensare alla realizzazione di un nuovo modello organizzativo non è un’impresa semplice. Né tanto meno di applicazione in tempi brevi. Richiede un bel po’ di pazienza e di capacità di reinventarsi. Soprattutto da parte dei decision maker.
Una delle situazioni in cui è facile ritrovarsi è quella di effettuare una sorta di sorveglianza inappropriata dei propri dipendenti da remoto. Ma, facendo così, si rischia l’effetto contrario. Ossia quello di mettere sotto pressione le proprie risorse che si sentirebbero di conseguenza obbligate a dover svolgere i propri impieghi anche al di fuori del proprio orario di lavoro. E, di conseguenza, si creerebbero malumori e tensioni non necessari. Ma, soprattutto, poco efficaci e del tutto improduttivi.
Il lavoro del futuro richiede l’utilizzo di un nuovo galateo da riscrivere completamente daccapo. E’ importante, quindi, che anche chi si occupa di management faccia attenzione ai piccoli dettagli, come quello di evitare di inviare mail dopo le 18. E pretendere una risposta immediata. Anche se una risorsa lavora da casa, non significa che debba essere a disposizione h24 per l’azienda. A meno che il suo contratto non lo preveda.
E’ ugualmente fondamentale, cercare di incentivare lo sviluppo dei rapporti umani anche da dietro lo schermo di un computer. Alcune recenti ricerche, ad esempio, hanno dimostrato che bel l’85% dei dipendenti ha visto dei miglioramenti nelle relazioni con i colleghi. Più della metà delle persone intervistate, inoltre, hanno confessato di sentirsi più a suo agio ad intervenire durante una riunione se fatta in video call.
Reclutare nuovi talenti è uno degli aspetti fondamentali del lavoro del futuro. Di fronte ad una situazione del mercato complicata come quella attuale, è giusto cercare di cogliere tutte le opportunità possibili. E’ così che selezionare professionisti di alto livello diventa più semplice.
Basti pensare a risorse che, magari, non sarebbero mai state prese in considerazione perché localizzate in città troppo distanti o con esigenze familiari particolari. Una madre lavoratrice, ad esempio, potrebbe svolgere il proprio impiego in smart working al meglio, senza essere penalizzata solo per il suo posizionamento geografico.
Utilizzare un approccio distribuito significa non vedere più le mura dell’ufficio come l’unico simbolo di identità dell’azienda. Quando si parla di luogo di lavoro non bisogna intenderlo come un’entità materiale ma piuttosto come un insieme di output che coinvolgono sia la produttività di ogni singolo individuo che del suo benessere. Riuscire a creare un ambiente che riesca ad essere al tempo stesso confortante e responsabilizzante può apportare enormi vantaggi in termini di fidelizzazione della risorsa che di fatturato annuo.
In una situazione come quella attuale, non si può non affermare che il capitale umano non sia venuto alla ribalta.
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